Confapibaribat
Commentare gli eventi della politica di questi giorni significa seguire allucinazioni continue e legittimare come fossero credibili dibattiti privi di ogni senso in un futuro che si vorrebbe migliore. Uno dei temi che risorge ogni tanto è l’articolo 18. Non avendo altro da dire lo si mette sul banco degli accusati. L’Europa (parola che nasconde chissà quali e quanti interessi venali) trova ovvio abolirlo essendo una anomalia tutta italiana e volendo essere liberi di assumere gli italiani in Italia alle condizioni che investitori esteri ritengono convenienti:

“se volete che veniamo in Italia a produrre non possiamo studiare la vostra legislazione e giurisprudenza; vogliamo essere liberi di imporre le condizioni che rendano conveniente l’investimento”

Questa è la filosofia, semplice e grezza, dei nostri competitor.

Chi ha ragione, chi lo vuole mantenere o gli altri?

Certamente l’articolo 18 è un madornale errore da sempre; è una delle cause principali del nostro degrado e della spinta a meccanizzare ogni  parte -anche minima- dei processi produttivi ed è quindi la causa principale di una mentalità anti assunzione che ha dilagato in Italia dagli anni ’70 del passato secolo ed è quindi una causa principale della disoccupazione.

Certamente per riavviare la ripresa serve che si ripristino le condizioni minime di redditività dell’investimento in Italia.

Sarebbe però semplicistico asserire che la soppressione dell’art.18 risolve tutto. Vediamo le ragioni a favore del suo mantenimento.

In primis esso riguarda una porzione infinitesima della occupazione esistente ed una porzione ancora più modesta di quella che vorremmo per il futuro. Non solo, le nuove assunzioni possono realizzarsi nelle forme più varie previste dalla nostra legislazione; tra di esse ve ne è qualcuna che lascia al datore di lavoro la più totale discrezione e quindi va incontro alle richieste più rustiche di eventuali investitori.

Secondariamente va detto che la libertà di licenziare in queste condizioni si tradurrebbe in riduzioni drastiche di salario e null’altro; cosa nefasta sotto il piano della domanda complessiva e della fiducia nel futuro che è componente importantissima della propensione a consumare.

Inoltre la futura occupazione verrà dalle Pmi (che non subiscono l’art.18) mentre se dovessero venire gli investitori stranieri sottrarranno agli imprenditori italiani i migliori lavoratori e fette di mercato anche nella collocazione dei prodotti finiti.

Inoltre ancora, la migliore ed unica garanzia della stabilità del posto di lavoro non sta nella legge ma sta nella possibilità di trovarne un altro in breve tempo; è questo il compito della politica, ma in Italia i politicanti non sanno nulla di economia!!!

Infine nella grande impresa come nel pubblico impiego se vogliamo che il rapporto tra datore di lavoro e dipendente non sia di schiavitù è necessaria almeno questa estrema forma di tutela. Dovrebbero essere tutti gli altri paesi europei (che asseriscono di essere civili) che dovrebbero copiare dal nostro articolo 18 e non imbarbarire il rapporto datore di lavoro-lavoratore in Italia .

Quindi se la prospettiva verso cui si vuole andare è quella di assistere ancora la grande impresa nordeuropea contro le nostre Pmi, l’articolo 18 va soppresso subito per gli assunti e per i futuri assunti. Se invece si vogliono far crescere le nostre imprese, allora le mega strutture produttive nazionali ed internazionali continuino a riconoscer ai loro dipendenti un minimo di sicurezza nel futuro visto che li considerano solo dei numeri in un computer.

Quindi la Cgil ha torto marcio verso l’economia italiana e ancor più verso i lavoratori avendo per decenni danneggiato entrambi come pochissimi altri; però adesso non solo non si deve abolire l’articolo 18 ma lo si deve imporre nel resto d’Europa armonizzando le legislazioni europee su quella italiana sicuramente più avanzata di quella degli altri paesi nel tema delle tutele dei lavoratori contro lo strapotere delle grandi imprese e dello stato.

Ma chi pensate che possa capire un pensiero così complesso? Al più avremo le “tutele crescenti” cioè una legge ancora più complicata dell’attuale con il risultato che gli stranieri non verranno, gli stipendi scenderanno e la domanda languirà; perché dopo il cambiamento tutto rimanga com’era prima!

Prof. Canio Trione - Responsabile Ufficio Studi

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